Prendo Spunto da un Racconto per Parlare di Praticità e di Ottimizzazione della Vita
Von gianluca frasca
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Prendo Spunto da un Racconto per Parlare di Praticità e di Ottimizzazione della Vita - gianluca frasca
Ringraziamenti
PREMESSA
Ho deciso di tornare a scrivere fondamentalmente perché, dopo i quaranta anni, sento di aver maturato delle esperienze attraverso le quali sono nate delle riflessioni che voglio trasmettere con questo libro. Ho costruito il protagonista di questo racconto breve, di nove Ivo come un personaggio estremamente pratico, cinico, poco incline ai sentimenti che cerca continuamente di realizzarsi attraverso la sua concretezza. La personalità del protagonista è stata volutamente estremizzata con lo scopo di fissare un punto di partenza per ragionare sui comportamenti che portano a migliorarsi e all’essere più efficienti. In realtà, Ivo è una persona che rappresenta quello che io vorrei essere ma anche quello che io non voglio diventare anche se attraverso di lui esprimo alcune convinzioni cresciute dentro di me in età matura. Proprio in età adulta infatti, forse inconsciamente ci si accorge che il tempo della propria esistenza comincia lentamente ad essere sempre meno ed dunque normale avvertire l’esigenza di ottimizzare ogni momento della vita, spesso esprimendo il potenziale dell’esperienza accumulata negli anni. Tutti noi abbiamo un’età anagrafica ma anche un’età che io definisco età evolutiva, nella quale si considera quanto ognuno di noi è riuscito, in relazione alla propria condizione, a progredire nella vita attraverso l’autodeterminazione. Si può avere sessanta anni in un Paese evoluto ma con un’età evolutiva più bassa dovuta ad un mediocre miglioramento delle proprie capacità nel corso del tempo, in un mondo dove il continuo accontentarsi porta a uno sfasamento di età che non coincidono, al punto che, un giorno con la manipolazione genetica, ci saranno persone che avranno prospettive di vita centenarie con un’età evolutiva sicuramente inferiore. Si può parlare di età evolutiva riferita al singolo individuo, ma anche di età evolutiva riferita alla collettività, con la quale si misura quanta volontà c’è in noi di far sì che il genere umano continui il suo percorso nei secoli
IL RACCONTO
Vi racconto le gesta di un mio amico di nome Ivo e penso proprio di essere l’unico che può farlo, in quanto suo unico confidente. Ivo è un signore di oltre quaranta anni che si distingue per uno spiccato senso pratico. È pragmatico in tutto e persino il suo nome corto e facile da pronunciare pareva beffardamente essere stato scelto per un tipo come lui; non parliamo poi del cognome Pari altrettanto breve da permetterli di firmare con un'unica parola. Abbiamo frequentato la stessa scuola fino alla maturità in un istituto tecnico per poi ritrovarci di nuovo insieme nella stessa facoltà, cioè quella di filosofia, solo che dopo circa un anno di studi, nel quale Ivo non era andato nemmeno tanto male, decise di non frequentare più perché deluso dal fatto che chi si laureava in filosofia non è un filosofo, ma una persona che aveva imparato la storia della filosofia. Prima di iniziare l’università aveva una concezione della filosofia molto alta e quando cominciò a conoscere gli insegnanti, non riusciva a capacitarsi del fatto che erano identici agli insegnanti delle altre facoltà, non distinguendosi minimamente per le loro virtù nella società che li circonda nonostante diffondessero i pensieri e le teorie di individui di alto spessore civile e culturale. Forse nella facoltà di filosofia, Ivo era rimasto deluso del fatto che i frequentatori possano conoscere pensieri lungamente meditati nel tempo dagli individui solo per superare gli esami. Si convinse definitivamente di lasciare l’università dopo aver letto un libro dal titolo Lo Scontro Tra il Sapere e la Condotta che stranamente aveva trovato in biblioteca.
Dimostrava la sua praticità in tanti modo e ovviamente anche nel suo modo di vestire. Aveva i capelli corti che rasava da solo ogni quindici giorni con la sua personale macchinetta che utilizzava anche per sfoltire la barba una volta al mese, in modo da non perdere tempo per radersi e non spendere soldi per il barbiere. Ivo nel vestire era eccezionale quanto ridicolo in alcune sue mises, in quanto l’accostamento dei colori, l’abbinamento dei capi, la cura dei particolari per lui valevano meno di zero, che lui ovviamente scriveva sinteticamente cosi: <0
. Se un indumento era comodo o utile lo indossava, altrimenti nulla, per questo metteva spesso le bretelle, pantaloni di foggia militare con grandi tasche laterali, scarpe da tennis o da trekking, cappelli invernali che coprivano soprattutto le orecchie, maglioni a collo alto o con la zip. Per Ivo gli indumenti non servivano solo per coprire, ma anche per fare pubblicità alla sua attività di cui parlerò dopo; per esempio utilizzava delle t-shirt che riportavano gigantesche scritte con il nome della sua ditta con tanto di numero di telefono. Fargli cambiare idea sull’abbigliamento era molto difficile, spesso gli dicevo anche l’occhio vuole la sua parte
e lui diretto come sempre rispondeva si se vuoi ottenere qualcosa dall’occhio, altrimenti non conta nulla
. Il suo massimo lo raggiunse quando per un viaggio in aereo che facemmo insieme qualche anno fa, si presentò in aeroporto senza bagaglio ma con un